Compendiose notizie sulla Congregazione de’ monaci armeni MECHITARISTI di Venezia nell’Isola di San Lazzaro (Tipografia di suddetta Isola, 1819)
CONGREGAZIONE MECHITARISTICA
VITA DEL FONDATORE
MECHITAR di Pietro Dottore Armeno
Fondatore di questa Congregazione
nacque in Sebaste città dell’Ar-
menia Minore l’anno 1676 .
Fu nella sua gioventù affidato alla
cura di un Prete Armeno onde venisse
educato ed istruito ne’ primi elementi
del sapere: e vi fece progressi maggiori
alla sua età, manifestandosi inclinatis-
simo allo studio ed agli esercizj spiri-
tuali, anzicchè ai giuochi fanciulleschi .
Nell’età di nove anni avendo spie-
gato un genio particolare per lo stato
Ecclesiastico, ricevette li quattro Or-
dini Minori; e di anni quindici entrò
in un Convento presso a Sebaste chia-
mato del Santo Segno , o della Santa
Croce, per vestire le Monastiche divise.
Il Vescovo Anania Superiore di quel
Convento osservando in esso una ma
turità di senno, e d’ ingegno distinta,
gli diede l’abito, ed ordinollo Diacono
Panno 1691 .
Quivi applicandosi ardentemente
Mechitar alla divozione ed allo studio,
intertennesi nella replicata ed attenta
lezione di tutta la Sacra Scrittura; e
di altre opere ascetiche, ed arricch‘: a
dovizia di lumi la sua mente .
Compose in quel Convento alcune
Poesie Sacre ed Omelie, amando di
esercitarsi anche nella predicazione:
ma scorgendo che non poteva avvan
zarsi nella cognizione dell’altre scien
ze, parti di là accompagnandosi ad un
Dottore Armeno d’ Ecemiazin, Sede
Patriarcale della Nazione Armena, che
gli promise di condurlo colà come all’
asilo ed al centro di tutte le scienze.
Viaggiando col suo Maestro, giunse
in Erzerum città capitale dell’Arme
nia Maggiore, e ivi la prima volta vid-
de un Missionario Europeo: cui fece
domande intorno alle cose riguardanti
gli Europei, e molte ne apprese con
piacere, e profitto.
Arrivato in Ecemiazin, non vi rin
venne quella Università delle scienze
che tanto bramava: perciò congedato
si dal suo Maestro, parti alla volta del
Convento nell’Isola di Sevano, cre-
dendo di rimanervi soddisfatto . Ma
siccome non gli avvenne di rilevare in
quel sagro ritiro, che la stanza delle
penitenze più austere , così Pensò di
ritornare alla sua patria.
Viaggio facendo giunse al Convento
di Passeno presso a Erzerum, e dietro
le istanze di quel Superiore vi si fermò
alcun tempo, e tenne scuola alla gio-
ventù . Trascorsi dieci nove mesi in
tal esercizio recossi in Erzerum, e si
abbatte in un Armeno Signore recente
mente tornato dall’Europa, il quale gli
fece parecchi racconti delle regioni oc-
cidentali . Mechitar si accese a questi
di nuove voglie, e cercava l’opportu
nità di passare in Europa .
Trovò nella casa di quel Signore i
libri di Clemente Galano Teatino, e
ne raccolse le notizie al suo bisogno
più convenevoli.
Nell’anno 1695 giunto a Sebaste si
ritirò di bel nuovo nel Convento di S.
Croce, e si diede alla più attenta let
tura delle opere dei Padri Armeni, non
che di quelle dei Padri Greci e Siriaci
in lingua Armena tradotte. Tanto era
il suo amore pello studio, che anche
in viaggio non trascurava le sue lezio-
ni . Non gli sfuggiva di mano un libro
finchè non l’avesse letto per intiero, e
con matura attenzione penetrato .
– Compose anche in quel Convento al
cuni Inni, che vengono cantati al pre-
sente in alcune Chiese dell’Armenia .
Ma essendo ivi molestato da tal mor-
bosa affezione negli occhi, che non po-
teva fissare, nè distinguere esterno og-
getto, si vide obbligato a portarsi alla
sua casa onde assoggettarsi ad una
medica, e diligente cura. Nel tempo
di si penoso travaglio oltre di dare
ad altri un particolar esempio di gran
pazienza , si faceva leggere le poe
sie sacre di S. Nierses Clajense, e le
mandava a memoria; ed egli stesso di
sovente dettava agli altri i suoi com-
ponimenti poetici. Ottenuta ch’ ebbe
la guarigione , era già sul punto di
darsi al viaggio verso l’Europa mos
sovi dal grand’ amore delle scienze.
Ma in quei giorni giunse certo Pre
te Armeno assai studioso in Sebaste,
che lo stimolò a portarsi secolui in
Gerusalemme, e quivi applicarsi di
consenso allo studio. Acconsentl Me
chitar daccompagnarlo sino ad Alep
po collintenzione di persuaderlo tra
via a recarsi con lui a Roma.
Mentre tragittavano il fiume vicino
alla città di Malatia, si è rotta la cin
ghia della sella del cavallo su cui era
montato Mechitar: la corrente portò
seco l’ animale , ed egli rimase colla
sella nelle acque; da cui si salvò nuo
tando, ma in un col picciolo fardello
divenner preda di quelle i suoi scritti .
Arrivati in Aleppo, ebbe Mechitar
la sorte di tenere ragionamenti coi
Missionari Europei; tra i quali fre
quentava un Gesuita molto virtuoso,
dotto, e conoscitore delle lingue 0
rientali . A questo comunicò Mechi
tar la sua intenzione di passare in Eu
ropa per dedicarsi allo studio . Ma il
savio Gesuita scoprendo in esso una
distinta erudizione acquistata da per
se stesso, ed un particolare zelo d’ il
luminare gli altri, lo consigliò a non
abbandonare la patria pel maggiore
vantaggio de’suoi nazionali . Ritornate
inutili queste insinuazioni, gli diede
alcune lettere di raccomandazione ,
nelle quali leggevasi: Cumque optìmus
Iuuenis massimo zelo ardeat . . . tùm
propter morum innocentiam, ac pieta
tem singularem, tùm propter ingenuam_
indolem, et cognitionem Operum Sancto
rum Patrum Armenorum non potui
non probare consilimn, quod jamdudum
caepit eundi Bomam.
Parti di fatti nel 1695 di Aleppo
col suo compagno, che già aveva in-_
dotto a volgere seco i passi verso
Roma, e giunto in Alessandria s’im
barcò per l’Europa.
Approdato appena il bastimento all’
isola di Cipro, fu Mechitar assalito
da una febbre gagliarda, e dalla itte
rizia, cosicché fu costretto a separarsi
dal suo compagno, ed a trattenersi in
un Convento de’Monaci Armeni; ove
nei momenti del maggior- calore feb
brile privo del libero us0 dei sensi più
volte lo si vide gettarsi nella fontana
del giardino per temperare l’incendio
interno: nè di altro cibo si sosteneva,
se non che di poche olive a pane d’or
zo congiunte.
Non appena si vide egli alcun poco
per l’assistenza di persona carita-
tevole rinforzato, che si decise di ri-
tornare alla paterna casa onde ricu-
perare quivi la sua primiera salute.
S’imbarcò a tal fine alla volta di
Seleueia; ove smontato prese cammi- ‘
no, e mendicando tra via arrivò in
Aleppo . Gli Europei Missionarj di
quella città lo consigliarono tutti ad
abbandonare il pensiero di portarsi in
Europa, e di tornarsene sollecitamen
te alla patria. _
Si trasferi quindi in Antap, e uni
tosi ad una Caravana arrivò in Se
baste: ed è inesprimibile il gaudio,
che provarono al rivederlo i suoige
nitori che lo temevano già morto in
Cipro .
Dopo alcuni mesi di sollecita cura
acquistò la sua perfetta salute; e fece
ritorno al Convento di S. Croce.
In quella dolce solitudine tra gli
altri lavori letterarii, ridusse in ver
so i Proverbi di Salomone per faci
litarne l’ apprendimento ai fanciulli.
Ma uno di quei Monaci invidioso
della sua fama, entrò un giomo di
soppiatto nella sua camera, e presi
tutti i suoi scritti, li gettò tra le
fiamme . Non si presto il riseppe Me
chitar che gli perdonò eroicamente .
Edificati li Monaci del Convento
dalle sue virtù, non che le persone
più ragguardevoli di Sebaste della
sua condotta, non cessarono di sti
molarlo ad entrare nell’Ordine Sa
cerdotale: e nell’anno 1696 si arre
se, e secondo il costume degli Ar
meni fu chiamato Prete-Monaco .
Da tal punto cominciò ad ardere
di vivo zelo d’ illuminare la sua na
zione colle sane dottrine, e d’istruir
la ne’ buoni costumi, e nella religio
ne: ne potendo egli solo a tanta o
pera bastare, si studiò di accendere
altrui. Avvenne quindi, che colla sua
predicazione, e più ancora col buon
esempio in poco tempo si vide segui
to da due discepoli in Sebaste. Ma
essendosi i loro genitori sollevati _eon
tro di lui, li lasciò in libertà.
Non guari dopo udì Mechitar ce
lebrarsi la sapienza del Dottor Cha
ciadur Armeno alunno della S. Con
gregazione de Propaganda Fide, e volle
andarsene a Costantinopoli per vi
sitarlo, e per avere un compagno nel
la santa impresa d’ illuminare la sua
nazione.
Ciò accadde nell’ anno 1697. A
tant’ uomo manifestò egli la sua in
tenzione di erigere un’Accademia let
teraria, e lo stimolò vivamente a vo_
ler esserne il capo. Ma Chaciadur
non acconsenti apportandogli tra le
altre difficoltà particolarmente la man
canza di una somma assai necessaria.
Ciononostante Mechitar non per
dette il coraggio; ed appena si vide
seguito da un discepolo di quella
‘Capitale, ivi si associò ad uno di
quei due di Sebaste che avea trion
fato de’ suoi genitori, stabili di pre
sentarsi con essi ad altro famoso Dot
tore Armeno, che si trovava nella pro
vincia d’ Uchtice sui confini della Geor
gia, onde avere almeno il suo ajuto nel
lo stabilire la desiderata Società. Ma
siccome essendo povero non avea di
che approvigionarsi pel viaggio, cosi
si è fatto cuore di chiedere a parecchi
devoti Pistori elemosina a tal oggetto,
e coll’ offerte loro non solamente si
preparò al cammino, ma comperò una
Bibbia, e diversi altri libri; e co’ due
discepoli s’ imbarcò per Trabisonda.
In questo viaggio però oltre la peste _
sviluppatasi nel bastimento ebbe a sof
ferire una burrasca terribile, ch’ egli
descrisse egregiamente nelle sue Can
zoni .
Giunto salvo, e sano nel porto di
Araglia, fece vela per Sinope, ed indi
per Amisso: ove smontato si diresse
per la via di terra a Marzevano, e giun
tovi l’ anno 1698 si fermò tutto l’ in
verno a predicare; ed al venire della’
primavera passò in Amasia . I popo
li delle due indicate città lo prega
rono caldamente a rimanere tra lo
ro, ed a predicare; ma egli avendo
in mira l’ universale vantaggio della
sua nazione, sul declinare della pri
mavera partì per Tocat; e con una
delle Caravane entrò in Erzerum,
Quivi intese con intima amarezza
di animo il mutamento di quel’ Dot
tore, ed il suo abbandono dalle pri
me rette massime: perciò cangiato pen
siero, si diresse co’ suoi discepoli al
Vescovo Macario, Superiore del Con
vento di Passeno, uomo di soda vir-
tù, e molto studioso, onde averlo as-
sistente nella meditata impresa. Lo
accolse Macario con molta gentilez
za, e vedendo l’ ammirabile condotta
e saviezza di Mechitar, gli affidò l’e
ducazione dei giovani studenti nel suo
Convento . Egli pure oltre quei gio
vani, istruiva i Monaci del Conven
to, ed i suoi discepoli, insegnando
loro la Teologia d’Alberto Magno,
di cui vi avea in Armeno la versione ._
A questo studio univa quello della mo
rale, e della religione.
Quivi mise Mechitar in buon or
dine le materie, che ad oggetto della
predicazione aveva già raccolte dalla
Sacra Scrittura, e dai Santi Padri.,
Un giorno ragionando egli con al
cuni sopra punti dogmatici, un avver
sario gli s’oppose acremente, ma si
trovò a tali strette per le testimonian
ze dei Santi Padri Armeni recate in
campo da Mechitar, che andò nelle
furie, e diedegli un pesantissimo schiaf
fo. Sopportò Mechitar raffronto con
una pazienza così solenne, che ne ri
mase maravigliato l’ avversario, e ri
conobbe la verità.
In questo frattempo si manifestò il
contagio nel Convento,’e ne moriro
no parecchi. Mecbitar difeso dal Cie
lo, rimase non tocco, sebbene prestas
se a tutti la sua assistenza caritate
vole . Ammirando tutti la sua esem
plare condotta, e la sua profonda sa
pienza, lo pregavano di voler riceve
re la laurea Dottorale onde servirse
ne d’essa nella predicazione del Van
gelo; ed in ispezialità il Superiore
giunse quasi a sforzarlo . Non volen
do egli quindi resistere alla loro vo
lontà, si arrese ad incontrare l’espe’
rimento l’ anno 1699. dopo il quale
per ordine del Superiore si portò a
predicare in compagnia di un suo di
scepolo nella Diocesi del Vescovo.
Trovandosi Mechitar un giorno dal
solo a solo con questi gli palesò la sua
intenzione di stabilire col suo ajuto una
Società letteraria nella nazione Ar-
mena. Ma quegli sull’ istante ricusò di
unirsi con lui, perchè temeva il tu-
multo, e la persecuzione degli Avver-
sari .
Disperando Mechitar di rinvenire
appoggio per parte del Vescovo, si
propose di ritornare a Costantinopoli,
e di raccogliere discepoli in una
casa onde addottrinarli, e nello stesso
tempo pubblicare colle stampe i ne
cessarj libri mediante le offerte de’ be
nefattori; e cosi in alcuna maniera
mandare ad effetto la sua intenzione
d’ illuminare la nazione Armena.
A tal fine spedì primieramente a
Costantinopoli uno de’suoi discepoli,
poscia avendo egli scelto due tra i gio
vani del Convento, dietro il consenso
dei loro genitori con essi venne in Er
zerum, e là si fermò sei mesi a predi- _
care, e lo fece con estraordinario van
taggio del popolo . Passò indi a Tra
bisonda, ove iimbarcò, e giunse co’
suoi discepoli a Costantinopoli l’ anno
1700.
CONGREGAZIONE MECHITARISTICA
IN COSTANTINOPOLI.
Da principio alloggiò Mechitar in
Galata nelle stanze della casa contigua
alla Chiesa Armena detta di S. Grego
rio Illuminatore. Tuttocchè ordinaria
mente predicasse in quella Chiesa, am
ministrava però i Sacramenti anche
nelle Chiese Europee.
Essendosi sollevato in quei giorni un
focoso tumulto tra i due partiti Ar
meni, lo calmò colle sue esortazioni e
prudenza .
Veggendo egli da li a poco, che i
suoi discepoli s’ aumentavano in quella
Capitale, a se chiamolli un giorno se
gretamente, ed espose il piano della
sua Congregazione . Ma per non farsi
vedere attorniato da si numerosi se
guaci, inviò i Sacerdoti ed i Dottori
che eran tra loro a predicare nelle di
verse città dell”Armenia, ed i giovani
li ritenne uniti nelle stanze della sud
detta Chiesa, e giornalmente istruivali
con molta diligenza .
In quel anno diede cominciamento
Mechitar alla stampa di alcuni libri,
primaria fonte ed aiuto per seminare i
veri lumi nella sua nazione . Pubbli
cò dapprima l’ Imitazione di Cristo di
Tommaso de Kempis ad esercizio spi
rituale de’suoi Discepoli, e quindi pa
recchie altre opere utilissime.
Ma bramoso di regolarmente am
maestrare i suoi discepoli _nelle virtù
cristiane, e nelle utili scienze, invocò
l’assistenza dell’Altissimo con fervide
preghiere, e presa in affitto una casa in
Pera di Costantinopoli, ed ivi prepara
ti gli strumenti necessari pella legatu
ra dei libri, vi si ritirò co’suoi Com
pagni, e cominciò ad erudirli sotto il.
pretesto di quel manovale esercizio .
Lo stato del paese, e della sua nazione
non gli permetteva allora di regolarsi
in altre forme . Tuttavolta a fronte di
si prudenti cautele non ottenne di con
servare uniti lungamente in quella ca
sa i suoi discepoli . Accesosi di bel nuo
vo il fuoco della persecuzione naziona
le, gli Avversarj cercavano di averlo
nelle mani, e di farlo condannare alla
Galera . Ma fatto egli di ciò consape
vole assicurò per tempo i suoi compa
gni, e se medesimo poscia ricoverò
sotto la protezione dell’ Ambasciatore
Francese .
Da questo asilo vedendo l’ incendio
della persecuzione dilatarsi di giorno
in giorno per tutto lo Stato, scrisse
a’ suoi ch’ erano fuori della Capitale,
invitandoli‘ a portarsi in Costantinopo
li, posciacchè voleva trasferirli in altra
parte del mondo onde sottrarli ai loro
persecutori, e stabilire altrove una so
cietà letteraria, che per esperienza ve
dea impossibile di erigere nell’oriente.
Mentre stavasi Mechitar nascosto
nel Convento dei Cappuccini all’ombra
del Francese Ambasciatore, intese a
dire dai Mercatanti della fertilità, e
dell’aria salubre della Morea, che allo
ra era sotto il governo della Repubbli
ca Veneta. Mosso da queste notizie
radunò i suoi nella sua stanza, dispie
gò ad essi di nuovo l’oggetto della sua
Compagnia, e propose di scegliere al
tra parte del mondo più convenevole a
tanto fine .
Dopo ‘varie consultazioni preso il
partito di trasferirsi sotto alcuno dei
Governi Cristiani in vicinanza;_ scelse
ro per istabilirsi la Morea la più op
portuna e per la sua vicinanza e per
il buon prezzo dei viveri. Ciò delibe
rato costituirono nella medesima Adu
nanza Mechitar in loro Superiore, e
si dedicarono in figli adottivi alla S.
Vergine scegliendo a stemma della lo
r0 Compagnia le quattro lettere Ar
mene H, l], l] \, ‘_, che sono le inizia
li delle seguenti parole [MakT]? “m…
ufr ‘ullntmulkm ‘IulIuLfiIuIFnLIJ-É-ufi: ,
cioè figlio adottivo della Vergine, pre
dicatore di penitenza . Questo primo
stabilimento della Compagnia Mechi
taristica avvenne in Pera di Costanti
nopoli l’ anno l 7o Lnelmese di Settem
bre; e li radunati erano: Il Dottor Me
chitar da Sebaste, il Dottor Elia Co
stantinopolitano, il Dottor Giovanni
da Sebaste, il Dottor Georgio da Au
tap, il Dottor Emmanuele Costantino
politano, Lazzaro da Aghino, Giovan
ni da Sebaste, Azaria Costantinopoli
tano,- Gabriele da Erzerum, e Miche
le da -Sehaste. i
Immediatamente dopo il preso con
siglio spedì Mechitar il D. Georgio
in Morea per esaminare lo stato di
quel paese: ed ivi fermatosi egli tre
mesi diede a Mechitar le relative in
formazioni. Appena Pebbe egli si af
frettò ad inviarvi sei persone in com
pagnia di un Vescovo Armeno che po
chi ‘giorni prima erasi tra essi ascritto,
e ritornava necessario pella ordinazione
de’suoi Sacerdoti.
Nel punto, in cui Mechitar era sul
le mosse cogli altri suoi seguaci, gli
Avversarj tentarono di arrestarlo, co
sicchè fu astretto d’ uscire dal Conven
to de’ Capuccini, e di nascondersi in
altracasa [Di là mandò alcuni altri de’ –
suoi- in Morea. Pochi giorni dopo tra
vestito egli da Mercatante in compa
gnia di tre suoi discepoli si addrizzò a
Smirne. Nel sortire di Costantinopoli
aveva Mechitar alle mani quattrocento
Piastre soltanto, eppure andava in un
paese straniero per plantarvi la sua
Congregazione, il che secondo l”uma
no pensare parea d’impossibile riu
scita.
Arrivato in Smirne, venne avvertito
ch’era giunto colà un ordine espresso
dal Governo di catturarlo: e fu per
questo che là pure si nascose nel Con
vento de’ Gesuiti. Ma trovato un ba
stimento pronto alla vela per Venezia,
s’ imbarcò per salvarsi co’suoi nel Zan
te, ove arrivò l’anno 1702. dopo aver
tollerata altra; burrasca, che parimen
te descrisse egli nelle sue canzoni.
Assicurato per prova dell’ ottim’ aria,
e delfabbondànza dell’ Isola, se ne
compiacque oltre modo, e per lettere
avverti i suoi di Morea del suo arrivo
al Zante, e li eccitò a dargli nuove in
formazioni riguardo alla Morea, volen-
do scegliere tra i due luoghi il più
conveniente al proprio stabilimento .
Inviarongli essi uno de’ loro compagni
per informarlo personalmente dello sta
to di quellTsola, e per avvertirlo, che
i Governatori del paese per accrescer
ne la popolazione erano ben disposti
a donare alla sua Compagnia parecchi
fondi, onde trarre il mantenimento.
Dietro a queste informazioni passò
Mechitar incontanentela Napoli capi
tale della Morea l’ anno 1705 . ove ri
trovati avendo sani e salvi tutti i suoi
compagni al numero di sedici, rese di
stinte grazie al Signore; e presa una
casa in affitto, vi si collocò colla sua
piccola greggia.
CONGREGAZIONE MECHITARISTICA
IN MOREA.
Assicurato ch’ebbe Mechitar a se
ed a’suoi il ricovero in Morea, deli
berò con essi di fondare un Monaste
ro, e scelsero a tal oggetto la città
di Modone chiara per la sua fortezza,
e perla numerosa popolazione .
Quindi unitamente alla lettera di
raccomandazione avuta in Costantino
poli dall’ ambasciatore Veneto presen
tarono una Supplica ai Governatori:
iquali senza alcuna difiicoltìt diedero
loro il luogo in Modone opportuno
all’erezione del Convento, e della Chie
sa, e di più due villaggi onde col red
dito di quelli provedessero alla loro
sussistenza, col patto però che doves
sero compiere la fabbrica entro lo spa
zio di tre anni.
In forza di questo Decreto venne
incaricato il Comandante Generale di
Modone a prestarsi a fine che ai Me-
chitaristi fosse data una casa provviso
ria in quella città .
Giunto Mechitar co’suoi in Modo
ne si accomodò alla meglio, e possibil
mente diede ordine a quanto poteva
avere relazione alla sua inpresa . Pri
ma però di dar mano alla fabbrica del
Convento spedì due de’suoi discepoli
il D. Elia, ed’ il D. Giovanni a Roma
a presentare al S. P. Clemente XI. la
breve Costituzione della sua Compa
gnia, cui diede la regola di S. Anto-
nio Abbate, onde venisse corredata
della necessaria approvazione . Ma veg
gendo dilazionato l’ effetto della sua
domanda richiamò uno degl’ inviati, ed
ingiunse all’ altro di darsi allo studio
delle due lingue Latina ed Italiana
comecchè utilissime per agevolare l’ ad
dottrinamento della sua nazione ; lin
gue che egli già conosceva a sufficien
za in un colla Greca; e dalle quali
in progresso trasferì parecchie Opere
in Armeno .
Se non che il termine di tre anni
assegnato dal Governo era già prossi
mo a spirare, ed egli a cagione della
povertà in cui viveva, non era in
istato di nemmen cominciare la fabbrica
del suo Monastero; per lo che fu ne-
cessitato a gravarsi di debiti, ed a ven-
dere anticipatamente i frutti due
anni dei donatigli villaggi. In questa
maniera alzò dai fondamenti una parte
del suo Convento, di cui egli stesso
ne avea fatto il disegno, e volle agli
operai sovrastare nell’ eseguirlo: e pote
al tempo stabilito condurre ad abitarla
i suoi compagni radunati in Morea.
Ma a tale estremo erasi condotto di
tutte cose, che non poteva neppure
somministrare ad essi il pane giorna
liero: quindi ricorse al Governatore
del paese Angelo Emò, e lo supplicò
di soccorso. Il piissimo Governatore
ottenne, che dal Governo gli si pre
stasse farina e biscotto sufficiente .
In cosi dura povertà visse la Com
pagnia di Mechitar pel corso di ben
tre anni, ne’quali venne inoltre tribo
lata da malattie derivate unicamente
dall’ aria nuova del paese . Nessuno pe
rò fra i compagni di Mechitar apri
labbra a querele contro di lui, ma an
zi tutti si prestavano lietamente all’ a
dempimento più diligente dei propri
doveri, e studiosi esercizi .
Ma dopo cosi lunga calamità la
provvidenza del Cielo fece cadere le
rugiade d’ elemosine sopra la nuova
piantagione di Mechitar. Il Governa
tore Emo gli fece tenere la somma di
cento cinquanta Piastre, il Comandan
te Generale della Marina Sebastiano
Mocenigo lo regalò di dugento, e sei
cento neritrasse egli dai frutti de’ suoi
villaggi.
Con questi soccorsi incoraggito Me
chitar cominciò a fabbricare anche la
sua Chiesa; per la cui erezione il piis
simo Emo somministrò la calcina e le
pietre a carico del Governo.” Nel gior
no, in cui Mechitar diede la prima
mano alla fondazione della sua Chie
sa, che fu nell’anno 1708, il medesi
mo Governatore ‘vi fu presente con
molta pompa e magnificenza; ed es
sendo attorniato dalle truppe fece in
quel momento sparare iCarmoni, e dar
fiato ai militari stromenti; e disceso
con Mechitar nel luogo del fondamen
to pose in un con esso la prima pie
tra . Nell’ atto che Mechitar ringrazia
valo circondato da’ suoi compagni, gli
diede a mano quaranta Zecchini Ve
neti per affrettare la fabbrica inco
minciata. Qualunque volta si recava
l’Emo a Modone, onorava immanca
bilmente iMechitaristi da lui stimati
colla sua presenza, e coi più amore
voli tratti.
Aumentandosi i soccorsi, e le libe
ralità dei fedeli non solamente terminò
Mechitarla fabbrica della sua Chie
sa, ma si disbrigo d’ogni dovere ver
so li sovventori, e comperò due case
al Convento contigue, e demolitele se
parò il suo Convento dalle abitazioni
dei Secolari. Ciò fatto si dedicò tut
to all’ istruzione regolare de’ suoi di
scepoli . A tal fine scelse il piano pre
scritto dalle regole di S. Benedetto,
e lo presentò qual norma della sua
Compagnia, alla S. Sede, che appro
vandolo conferi a Mechitar la dignità
Abbaziale. Assicurata cosi la sussis
tenza della sua Congregazione richia
mò da Roma il suo discepolo, e tra
dusse con esso lui in lingua Armena
la Somma della Teologia di S. Tom
maso di Acquino, onde servisse di Te
sto ai giovani studenti.
Mentre l’ opera di Mechitar cosi da
dodici anni prosperava nella Morea, e
tutto giorno accrescevansi i suoi me
riti, ed il vantaggio del popolo, sorse
la funesta guerra tra i Turchi ed i
Veneziani. Entrati i primi nel Regno
in immenso numero, e giunti ad oc
cuparne gran parte, si vide Mechi-
tar precipitato nel più amaro infortu
nio, e quindi astretto ad abbandona
re la Morea, ed a trasferirsi co’suoi
in Venezia capitale della Repubblica
Veneta . Ma essendo vietata la par
tenza di tutti, a fatica Mechitar ot
tenne la permissione di assentarsi con
undici de’ suoi: ed è inesprimibile il
dolore, che provarono que’ teneri al
lievi nel doversi dividere , ne si pos
sono descrivere le vicendevoli racco
mandazioni e proteste, che ne segui
rono .
S’ imbarcò quindi Mechitar di tutta
fretta con gli undici trascelti segua
ci, e parti piagnente di Morea l’anno
17 15 . Questa traslazione ritornò assai
più amara della già suindicata da Co
stantinopoli, com’ egli di sovente asse
riva: nullameno felicemente giunse nel
Veneto Porto nel mese d’ Aprile; e
dopo la quarantena si ricoverò co’suoi
compagni in una casa presa ad affitto
nella Parrocchia chiamata di S. Martino.
CONGREGAZIÙNE MECHITARISTICA
IN VENEZIA.
Non andò molto tempo, che con
sumò Mechitar nel mantenimento, e
nei bisogni suoi e de’compagni le du
gento e cinquanta Piastre che aveva
portato seco da Modone, anzi si cari
cò del debito di cento cinquanta Du
cati. Con tutto ciò confidando nel
Signore attendea con rassegnazione
l’esito della guerra di Morea. Quand’
ecco dopo quattro mesi arrivare due
de’suoi compagni fuggiti da Modone
dopo la presa della Capitale dai Tur
chi, e da questi intese lamorte d’ un
suo discepolo, che era in Modone.
Passati alcuni giorni ebbe il cordo
glio d’ intendere la funesta nuova del
la presa di Modone, e della prigio
nia di quattro de’ suoi discepoli; che
vennero condotti da Turchi in Co
stantinopoli, poscia in Adrianopoli,
e finalmente venduti ai Cristiani. In
tal maniera salvati, dopo alcun te_mpo
tornarono tra le braccia “del loro Su
periore e Padre, che ne provò nella
scorgerli particolare consolazione .
Perduta ogni speranza di ristabi
lirsi in Madone convenne co’suoi com
pagni di acquistare in Venezia un
Convento, giacche avea in mano le
lettere di raccomandazione, e gli at
testati dei Governatori di Morea, tra
quali contava il seguente di Luigi Mo
cenigo: H Trovandosi ad abitare nel
Regno di Morea in un sontuoso Convento,
che sin da fondamenti con gros
so dispendio si aveano eretto li RR.
PP. Armeni Monaci dell’ Ùrdine di
S. Antonio Abbate sotto la savia e ze
lante condotta del Rev. Padre Me
chitar Pietro loro Abbate, diedero si
esso, come tutti gli altri tanto buoni
esempio colla divota ufliziatura della
lor chiesa, coll’esemplare loro morige
ratezza, e colla candidezza del loro
vivere, che edificarono molto quei po
poli, e si conciliarono una universale
venerazione, il pubblico intiero aggra
dimento, e l’amore di tutti i Rappre
sentanti; come che per tutto il corso,
in cui sostenei la carica di Provedi
tore Generale di Mare in Levante,-
ho avuta occasione (fammirar, e com
mendar il loro fruttuoso zelo nel’ cul
to Divino; e la stima, con cui gli ri-
guardava, e me gli raccomandava la
paterna predilezione del Mons. q. F r.
Angelo Maria Carlini Arcivescovo di
Corinto . . . Cosi ora, che per le fu
ncste vicende della Morea si trovano
ricoverati in questa Dominante, mi
pare atto di giustizia rilasciar loro la
presente attestazione, perchè serva di
scorta al loro merito”.
Unitamente a queste lettere, col
mezzo dei Nobili Veneti che avea co
nosciuti in Morea, presentò Mechi
tar una Supplica al Senato onde otte
nere in Venezia un Convento . Ma
perchè in quel tempo non era per
messo ad altre Congregazioni lo sta
bilirsi in quella Capitale, cosi ne ot
tenne la seguente proposizione : a Se
vi piace avere fuori della città in ter
ra ferma un Convento per la perpe
tua abitazione vostra, e de’vostri suc
cessori, vi permettiamo acquistarlo o
vunque vi sarà a grado; ma se volete
abitare nella Città, lo concediamo sol
tanto durante la vostra vita, cosicchè
dopo il Convento ritornerà al Go
verno“.
Nessuna di queste condizioni pote
va Mechitar accettare, perchè abi
tando in terra ferma non poteva a
ver mezzi pel mantenimento de’ suoi
compagni; ed accettando un Conven
to nella Capitale senza successione
perpetua, diveniva quasi inutile allo sco
po della sua Congregazione. Adope
ratosi in tal affare per un anno intie
ro col mezzo de’suoi amici, nel 1717
nel mese di Settembre ricevette fi
nalmente dal Senato in perpetua abi
tazione la piccola Isola non lontana
dalla città chiamata di S. Lazzaro .
Da principio era stata donata da
Uberto Abbate Benedettino a Lione
Paolini; e questi l’anno 1180 vi avea
eretto un Ùspitale per i leprosi che
erravano allora pella città, e fatta con
sagrare la chiesa ad onore di S. Lio
ne. Cessato quel morbo del tutto, i
Presidenti degli Ùspitali destinarono
quest’ isola a ricovero dei poveri del
la città: ma ben presto accortisi, che
per la lontananza dell’ isola non po
tevano quelli comodamente provvede
re ai loro ‘bisogni, li trasportarono
nell’ Ùspitale della città chiamato dei-
Mendicanti. Di qua nacque che l’uno
e l’altro Ospitale in città ed in isola
fu chiamato col nome ‘di S. ‘Lazzaro,’
forse dalla narrazione, che del povero
Lazzaro abbiamo nel Vangelo.
Quando Mechitar entrò al posses
so di questa Isola col solo aggravio
di‘ una piccola annua contribuzione,‘
non trovò altro che una Chiesavec
chia, ed alcuni cameroni abbandona-i
ti, due pozzi, ed un giardino. Prima;
di farsi ad abitarla, come gli permet
teva lo stato della sua povertà, divise
i cameroni in piccole stanze, e ne le
dispose a provvisoria abitazione de’suoi
Monaci; e tostocchè li vide là raccol
ti, serfandò a Roma a tutelare la sua
Congregazione dalle calunnie degli ac
cusatori. Lo fece egli gloriosamente,
e ricevuta dalla S. Sede la facoltà di
potere inviare Missionari all’ Criente,
fece ritorno a Venezia .
Assistito nel progresso del tempo
dalla liberalità de’ suoi Nazionali be
nefattori, edificò il suo semplice, ‘ma
non rozzo Monastero in due piani, as
segnando il quadrato di mezzo alfabi
tazione de’suoi Monaci Dottori, se
parandole dal Noviziato ossia luogo
deducazione dei giovani, e dal Pro
fessorio ossia scuola degli studj mag
giuri. Ristaurò ancora la Chiesa an
tica, piantò in essa cinque altari, e
gittò il fondamento del nuovo Campa
nile. Eresse un ben capace Refetto
‘rio, sopra cui scorgesi una bellissima
Libraria di egual dimensione . Asses
tò finalmente altri luoghi non senza
buon gusto, e decenza: frutto il tutto
del suo grande ingegno, e della sua
instancabile sorvegliania , ed attività.
Coinpiuto che fu il Monastero, venne
le cento volte’ da quelli, che si porta-
vano a vederlo, e ne ammiravano la
simmetria avvenente, eccitato a collo-
care la propria statua nel luogo più
cospicuo onde cadesse sotto gli occhi
di tutti un monumento, che ricordas
se la sua memoria alla posterità. U
mile ‘siccom’ era non «volle acconsen
t/irvi,‘ e soltanto per coinpiacere i suoi
benevoli accordo, che sulla por (lel
Refettorio si ponesse la seguente iu
scrizione nelle due lingue Armena, e ‘
Latina .
lrl-fuunnnufiuI mJu Eum lznLnlrlfir
‘ 7| afiuupu ‘l)lîqéfiîl,
(EIUFFWIILBIFIUÎ: lIL-FWUMIWJLIU
ll‘l”l’l3wz”‘u Ìl fT?w“lL-“‘[‘7’ ‘
Fuit hoc Monasterium totum tempore
Mechitar Petri ex Sebaste I. Abbatis
extructum. An.1740.
Dopo tante illustri e preclare opere,
dopo tanti letterarii ed Apostolici tra
vagli, e dopo un ammirahile governo
‘ Abbaziale di quaranta nove anni, fu
colpito dal doppio morbo dell’ itterizia
e della dissenteria, come in addietro
avvennegli in Cipro, e finì l’ anno 1749
ai 27 di Aprile, nell’età di settanta
quattro anni, di una morte felice la
sua vita carica di copiosissimi meriti,
lasciando nel maggior lutto non sola
mente i suoi Discepoli, ma anche tut
ti i suoi nazionali, e gli stranieri, cui
era noto: e fu sepolto nel Coro del
la sua Chiesa nella tomba da lui pre
parata molto prima della sua morte .
Ma un anno dopo volendo i suoi figli
prestare un particolare ‘onore al loro
Padre trasportarono il suo corpo in
altra più decente tomba situata nel
Santuario della Chiesa, e sulla‘ pietra
sepolcrale fecero scolpire il seguente
Epitallio in lingua ‘Armena .
Inclito Mechitar! _ Lira soave,
Cui diede voce Plncreato Spirto,
E di Sebaste rallegrò la terra,
Terra al Cielo diletta‘. Eran sue forme
Maestose e leggiadre, eccelsa l’ alma,
E serutatrice dell’ arcano vero .
Lampa di grazia a illuminar le cieche
Menti mortali. Ei di ‘per se la rara
Dottrina apprese, eh’ è delizia al saggio .
Ei ne fu largo altrui, che a molti i pregi
Chiari del core, e della mente: e carte‘
Vergò d’errore immuni, onde fur liete _
Lfilrmene Genti. Ei sofferenza oppose
Alle minacce del maggior nemico
Ed alfoffcse: per cui bello un Coro
Nacque, e s’accreblae di concordi menti,
Lavor insigne d’auree fila ordito,
Cui man pose l’ Eterno. Aprì la via
Dove fiori mietean tutti fragranza
I Chiari Ingegui in ben‘ oprar non stanchi,
Cospicuo esempio altrui. Poi di là volto
Dove il sol‘ nasce a dove cade il sole,
In fertile terren piantò Pelelta
Vigna celeste, e queste mura il primo
Si vide alzar, che a’suoi furo di asilo.
La voce sua forte tuonar s’intese,
E forte si, che ne tremo la polpa,
E degli audaci in coxnspense Pardire,
E lo destò de’più codardi in core.
Non fù d’aita all’ infelice avaro,
E quasi odor d’Arabi fumi intorno
Di sua Umiltà parver le traccie: e vile
Mai non vesti della menzogna il manto.
Or dell’Armena terra a questa viva
Gemma splendente grato cor innalzi
Quest’inno, e ricchi doni offra in tributo.
Il suo Ritratto al vivo dipinto si
conserva dai suoi Monaci nella stan
za in cui vi hanno quelli de’ suoi suc
cessori Abbati.
Tra li discepoli di Mechitar du
rante la sua vita vi ebbero cinquanta
Sacerdoti, e dieci Laici, e circa qua
ranta altri individui, che egli non giu
dicò adatto di aggregare, dopo lungo
sperimenta, alla sua Congregazione.
ÀPPENDICE.
Accoglieva Mechitar nel suo Mo
nastero solamente i giovani Armeni,
e senza fare distinzione tra il povero
e il ricco, sceglieva piuttosto i meno
maturi negli anni. Dopo averli pro
vati alcun tempo onde scoprirne l’in
dole, ed i talenti, li vestiva d’un abi
to nero secondo la forma propria del
la sua Congregazione, e li destinava
al Noviziato, ove vi aveano opportu
ni Maestri per educarli, a se riser
bandone la generale direzione .
Dopo una lunghissima prova, se li
rinveniva virtuosi, forniti d’ ingegno ,
e sani, dietro la loro libera determi
nazione li ammetteva alla sua Com
pagnia previo l’ assenso della Comu
nità, che risultava dalla pluralità dei
voti: ed indi innoltravali al Professo
rio, in cui s’ insegnavano ad essi le
scienze superiori sotto diversi Mae
stri e Professori. Compiuto che avea
no il corso degli studj, li promoveva
all’()rdine sacerdotale: e nelle stanze
facevali abitare assegnate pei Dottori.
Conferiva poi ad essi la Laurea Dot
torale, ed altri ne spediva allelMis
sioni, ed altri tratteneva in Convento
per attendere alle letterarie fatiche .
Non ricevea egli alla sua Congrega
zione estraneo alcuno; perchè il suo
scopo era la istruzione della nazione
Armena , cui i non nazionali difficil
mente potevano servire . Quelli poi,
che tra i suoi scopriva inabili, o sull‘
istante, o dopo alcun tempo rimette
va alle loro patrie .
Ai giovani, che si dedicavano allo
studio, raccomandava sulle prime con
ogni calore‘ di leggere i buoni Autori
particolarmente Armeni; ed insegnava
a loro metodicamente la Grammatica,
la Storia, la Geografia, le Matemati
che, la Rcttorica, la Poesia, la Filo
sofia, ed ai Sacerdoti la Teologia, e
la Morale . Tostocche aveano com
pinto il corso di questi studj, li esa
minava pubblicamente, e ne premiava
i meritevoli.
A quello delle scienze aggiungeva
anche lo studio delle lingue; aveva
però particolarmente in mira l’eserci
zio della lingua Armena; d’onde vie
ne che questa lingua si coltiva assai,
e fiorisce ancor oggidi nell’ Isola di S,
Lazzaro .
Composto aveva egli stesso un som
mario di tutte le scienze, e lo com
municava a suoi studenti.
La sua maggiore premura era di e
sercitarli nell’ opere dirette al culto Di
vino, perciò secondo il costume della
nazione Armena , li radunava alla pre
ghiera tre volte al giorno la mattina, i
il mezzo di, e la sera; ed esentava soltanto
i piccoli ragazzi dalla preghiera
mattutina in Chiesa.
Tutte le Domeniche faceva cantare
la Messa in rito Armeno . La mode
stia, e la divozione de’suoi Monaci e
rano tali, che edificavano veramente
gli estranei che si compiacevano di re
carsi a vedere le loro funzioni.
Il principale scopo delle quotidiane
cure di Mechitar era il rassodare i
suoi allievi dall’età tenera nelfeserci
zio di tutte le virtù, al quale oggetto
composto aveva per loro trentatrè Re
gole, di cui ne esigeva la osservanza la
più scrupolosa .
Ndgiorni di Festa li istruiva par
ticolarmente nella dottrina Cristiana,
e nella storia Sacra.
Nel tempo del pranzo vi avea la le
zione dei Santi libri, e non permette
va che si facesser parole, perciò volle
scritte sulla porta queste parole in lin
gua Armena: a Qui devesi conservare
il silenzio, ed attendere alla lettura
delle Sacre Scritture.
Non prescrisse veruna austera parti
colare astinenza, ed oltre la collazione
dava ogni giorno a’ suoi Monaci due
o tre piattanze con formaggio e frutti.
Ai giovani nondava vino puro se non
che alle Feste .
Non lasciava, che Monaco alcuno
si portasse alla città senza ottenerne
prima da lui il permesso .
Allorché si presentavano forestieri
per vedere il suo Convento, assegnava
ad essi alcuni de’ s’uoi Monaci per ac
compagnarli, e tanta era la loro mo
destia, e fospitalità, onde veniano quel
li trattati, che partivano a cosi dire di
mala voglia.
Tra il continuo esercizio de’ suoi
studenti assegnato aveva Mechitar an
che il tempo della recreazione . Sta
bili, che fra giorno fossero consegrate ‘
sette ore allo studio: ed altrettante al
riposo: ma nella state accordò un’ al
tra ora pel dormire . Dopo il pranzo,
e la cena due ore vi aveano di conver
sazione; e prima del tramontar del so
le un’ora era‘ assegnata pel passeggio
nell’ orto, in cui permetteva ai giovani
di trattenersi in giuochi utili all’eserci
tazione del corpo . In oltre una volta‘
tra l’anno li sollevava col condurli alla
villa per lo spazio di ‘40 giorni, ne’
quali non attendevano allo studio: ne
gli ultimi quindici giorni di Carnevale
esercitavali in istruttive rappresenta
zioni: e sospendeva ancora gli scola
stici esercizj parecchi giorni prima del
Natale del nostro Signore.
Oltre a tutte queste vacanze e re
creazioni alcuna volta facevali condur
re nella città alle pubbliche non pro-
fane funzioni; e di frequente alla ma
rittima spiaggia, ed alle circostanti I
solette a sollazzo.
I Dottori erano da Mechitar spe
diti alle Missioni particolarmente a
Costantinopoli, nella Natalia , nell’Ar
menia, nella Georgia, nella Persia, ed
anche’nell’ Indie; e distinti vantaggi
spirituali apportavano a quei paesi col
la loro predicazione, ed esempio .
spedì anche de’suoi discepoli in
Transilvania, ed in Ungheria a farvi
le veci di Parochi, ed ad istruire la
gioventù delle Colonie Armene; econ
tano nelle città d’ Elisabetopoli, e di
Pietrovaradino due Ospizj e Chiese.
Nella città di Venezia destinò uno de’
suoi discepoli a Cappellano della Chie
sa Armena, ed un altro della Chiesa
delLazzaretto situato in una Isola del
la città disgiunta, a ciò stimolato dal
Governo attesa la conoscenza de’suoi
delle lingue orientali; e tuttora con
tinuano i suoi discepoli a prestarsi a
queste pie opere.
Fece acquisto Mechitar da Amster
dam di tre sorte di Caratteri Armeni
nel tempo medesimo, in cui era di
stratto dalle briglie della fabbrica, del
governo del suo Monastero, e dell’in
segnamento a’suoi studenti, e di più
ora compose, ora pubblicò colla stam
pa diversi libri . Tra i suoi lettera
rj lavori tre si deggiono ritenere di
stinti, e laboriosià. Il primo la Spiega
zione del Vangelo di S. Matteo, o
pera vasta, molto erudita, ed interes
sante; per la stampa della quale l’anno
1757. fece fondere nuovi caratteri Ar
meni. Il secondo l’ampio Vocabolario
della lingua Armena la prima volta
composto e stampato da lui l’ anno
1744. Il terzo la bella stampa della
Bibbia Armena ornata di figure, che
pubblicò l’anno 1735. di cui avendo
trasmesso una copia al S. P. Benedet
to XIV. n’ebbe la seguente risposta.
Benedictus P. P. XIV.
Dilecte Fili, saluzem et Apostolicam
Benedictionem.
“Jeri ricevemmo per le mani di
Monsignor Segretario di Propaganda
il degno regalo da Noi sommamente
gradito della Bibbia Armena, e le‘ ne
rendiamo distintissime grazie. Ugua
li sono le altre, che rendiamo a Lei,
ed a tutti isuoi Monaci per le Mis
sioni, che con tanto frutto vanno fa
cendo; ed abbracciando tutti questi
con paterno affetto, diamo a Lei, e a
tutti i suoi buoni Monaci l’Appostoli
ca Benedizione”.
Suoi deggiono ancora tenersi in al
cuna vera guisa e meritevoli di ricor
danza tutti i letterarii lavori de’ suoi
Monaci, i quali animati dallo spirito
zelante di Mechitar eressero una Stam
peria nel loro Convento l’anno 1789.
e progredendo sempre più negli stu
dj, innoltrano alla loro nazione moltis-
simi utili libri o di nuovo da essi com
posti, o da altre lingue nella loro tra
sportati.
Dopo la morte di Mechitar tenne
la Sede Abbaziale il D. Stefano Mel
chiori Costantinopolitano; cui nell’an
no 18oo succedette il Dottor Stefano
Aconzio Kiuver Nobile Armeno di
Giorgiova nella Transilvania, che nel
1804 consecrato in Roma Arcivesco
vo, tuttora esercita esemplarmente l’an
torità Abbaziale e‘ Vescovile sopra i‘
suoi sudditi .
I Successori di Mechitar aumenta
rono la sua Congregazione, e la fece
ro liorire maggiormente nelle scienze,
e nelle lingue; ne fa fede la copia dei
libri, che sono alla luce . Qltre le Gram
matiche edi Dizionari di diverse lin
gue stamparono l’anno scorso la Cro
naca d’ Eusebio di Cesarea in tre lin
gue Armeria, Latina e Greca; opera,
di cui erasi perduto il Greco Grigi
nale: ne rinvennero essi la versione in
tiera in Armeno fatta anticamente, e
la recarono in Latino, cui aggiunse
ro pubblicandola iframmeuti Grecia
sommo vantaggio dei Letterati d’ Eu
ropa .
Raccolsero di più non pochi antichi
Manuscritti Armeni, di cui fornita mo
strano la loro Biblioteca, e a quando
a quando ne stampano confrontando
insieme gli esemplari.
La bellezza e l’esattezza della tipo
grafia Armena riluce particolarmente
nella Stamperia di S. Lazzaro . I libri
in quella stampati si spacciano per tut
ta l’Asia; e da quelli non solamente la
Nazione Armena viene istruita ed illu
minata, ma di più la Congregazione
Mechitaristica ritrae alcun mezzo pel
suo mantenimento .
Acquistò Essa dopo la morte del suo
Fondatore alcune terre nello stato Ve
neito, coi frutti delle quali, e di al
cuni Capitali in addiettro investiti nel
la Veneta Zecca e provede a se stes
sa, e gratuitamente sostiene la educa
zione degli Armeni giovanetti. Di quà
avvenne, che non recando tale Con-
gregazione aggravio al Pubblico, an
zi in alcuna maniera giovamento ap
portando coll’ uso de’ suoi proventi, e
colla sua opera ad altrui prò non me
no , che al conservamento dell’ Isola
di S. Lazzaro, ottenne di essere sotto
qualunque Governo riguardata con oc
chio parziale, e favorevole. Di fatti
nell’anno 1810. allorchè le altre Re
golari Famiglie vennero soppresse nel
Regno Italico, li Mechitaristi di S. Laz
zaro in virtù di un particolar Decreto
rimasero nell’antica loro condizione.
Alla venustà si propria del Conven
to e Chiesa di S. Lazzaro aggiunge in
ora distinto fregio la nuova Sagrestia,
ed il nuovo Gabinetto de’ Codici Ar
meni, e di molti strumenti di fisica
esperimentale (l’uno e l’ altro eretti
l’ anno 1816 dalla liberalità del Signor
Alessandro Raphael Cavalier Armeno,
e gran Benefattore di essa Congrega
zione) .
Nella Chiesa fragli altri quadri bel
lo è Particolarmente quello della Ma-
donna copiato in Roma da certo Gio
vanni Emir dalroriginale di Sassofera
to famoso Pittore .
Nelfatrio della Chiesa vi sono alla
muraglia appoggiati dne bellissimi Mo
numenti, l’uno antico, e l’altro nuovo –
Sul vecchio senza alcuna ‘(lata leggesi
questa Iscrizione Latina con caratte
ri Gotici:
Hoc probus, et sapiens ortus de prole
Zuchola
Clauditur in Tumulo, cui Constantinus
in Urbe
Nomen erat, Lazari Curator, amator,
et almi
Compatiens inopum Domini sub honore
Superni.
Sul nuovo eretto l’anno 1816 dal
medesimo Cavaliere Raphael che è an
cora vuoto (e lo sia a più lustri) vi si
scorge nel mezzo la sua Arma, ed il
suo nome scritto in caratteri Armeni.
Nel Refettorio vi è di fronte un ben
disegnato quadro rappresentante la Ce»
na del Nostro Signore opera di Pietro
Novelli Veneto ad imitazione degli Q
riginali di Rafaele d’ Urbino, e di Leo
narclo da Vinci.
Nella Libreria i tre quadri della vol
ta sono lavoro di Francesco Zugno Ve
neziano . ‘
L’anno 1815. S. M. I. R. A. l’Im
peratore d’Austria Francesco I. ono
rando di sua presenza il Convento di
S. Lazzaro, e vedutane l’angusta esten
sione permise ai Mecliitaristi di esten
derc la loro isola; ed in ora alla parte
settentrionale di quella s’alza tra l’ac
que un ampio tratto’ di terreno, che si
va coltivando .
La Congregazione di Mechitar ben
chè non estesa, si Pregia della corri
spondenza letteraria co’ paesi li più re
moti.
In questi ultimi anni acquistò Essa
un Ospizio in Roma: ed il Sig. Sa
muel Murat ricchissimo Armeno lasciò
nel suo Testamento una somma con
siderabile, per cui coll’opera, e sotto
la direzione dei Mechitaristi di S.Laz
zaro dovrà stabilirsi in Europa un Col
leggio ad educamento della gioventù
Armena Povera, ed orfana.
Bella lettura che terminerò in questi giorni
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Grazie. Credo sia molto utile avere una fonte storica di quell’epoca riguardo all’Abate Mechitar.
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Buona sera come posso avere il libro in nome
CONGREGAZIONE MECHITARISTICA
VITA DEL FONDATORE
grazie mille
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Purtroppo non so risponderle. Sa l’autore?
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