Armine vittima della cattiveria di Gucci, non dei social
La modella armena Armine Harutyunyan è diventata improvvisamente famosa sui social a causa di quello che viene chiamato “bodyshaming”, con un inglesismo che tanto piace ai globalisti nostrani, ma che nasconde la solita omologazione anglofona che fa tanto “cool”, per rimanere in tema. Il “bodyshaming” non è altro che l’offesa di una persona sulla base delle sue caratteristiche fisiche, una pratica molto di moda anche nella dialettica politica, purtroppo. Il problema, nel mondo della moda, è che il “bodyshaming” è semplicemente un modo per attirare reazioni negative sui principali social (Twitter, Instagram e Facebook), vale a dire per utilizzare un finto vittimismo solo a scopo pubblicitario.

Gucci questa strategia la conosce molto bene, infatti da molti anni utilizza modelli e modelle decisamente fuori-target che vengono puntualmente derisi ed offesi sui social. Come non ricordare le modelle minorenni (già stanche della vita, a giudicare dallo sguardo perso nel vuoto), le modelle ai limiti dell’anoressia al Milano Fashion Week 2020, le modelle con le teste mozzate, la prima modella con la sindrome di Down?




Ma cos’ha di così brutto questa giovane armena, tanto da meritarsi tonnellate di fango su Facebook? Il naso aquilino, le sopracciglia folte? A mio modesto parere, l’obiettivo di Gucci era quello di utilizzare una modella simil Frida Kahlo, da qualche anno diventata l’eroina delle femministe di tutto il mondo come esempio di donna indipendente e fuori dagli schemi. Il tutto condensato in un’unica caratteristica fisica di Frida (che poi, a dire il vero, è solo una questione di cura personale, e non una caratteristica fisica), cioè nel folto monociglio dell’artista. Molto simile, quindi, alle sopracciglia folte di Armine.
E’ possibile criticare la bellezza di una ragazza? Sì, certo.
Il problema, semmai, nasce dalla ricerca del caso shock, come ha sempre fatto Gucci, e dai modelli proposti ai giovani di oggi. Instagram offre ogni secondo immagini di ragazze perfette, quasi disegnate e molto simili a bambole, che raccolgono milioni di like e provocano problemi psicologici a milioni di ragazzine che perfette, grazie a Dio, non sono.
Da questo punto di vista, il vero “bodyshaming” è quello della casa di moda, che ha scelto appositamente una ragazza con caratteristiche fisiche “particolari” per poterla presentare come una ragazza libera da stereotipi di genere e libera soprattutto dalla schiavitù della cura personale per poter piacere agli uomini (come se Gucci non avesse la sua linea di prodotti estetici).
Cosa insegna, quindi, la vicenda di Armine? Che il mondo della moda offre modelli femminili che tali non sono, perché sono agli antipodi: o modelle perfette, o modelle con evidenti imperfezioni. Nel mezzo, il nulla. Anzi, nel mezzo ci sarebbe la vera bellezza femminile, vanto delle donne armene, le quali, per la maggior parte, hanno una grande cura dell’estetica senza scadere nel volgare o nel brutto. Gonne, tacchi, un filo di trucco, capelli curati: un piacere per gli occhi, sia degli uomini che delle donne stesse.
Infine, un’ultima considerazione: Armine, quando è stata scelta, sicuramente era al corrente delle motivazioni, e ne trarrà indubbio vantaggio, visto l’aumento esponenziale dei suoi follower su Instagram. Per cui, non credo che le offese ricevute l’abbiano colpita più di tanto, né tantomeno le critiche. Dispiace solo che l’Armenia diventi famosa in occasioni negative, creando stereotipi sbagliati nella mente di chi non la conosce.
(Admin)
Giusto, sottoscrivo.
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