Verità storiche contro le FALSIFICAZIONI TURCHE ed AZERE nella guerra dell’informazione
– La Turchia e l’Azerbaigian usano differenti tipi di disinformazioni e manipolazioni nella guerra dell’informazione, essendo incapaci di superare le verità sul passato e sul presente della nazione Armena, della Repubblica d’Armenia e dell’Artsakh.
La falsificazione della storia e della geografia dell’Armenia costituisce parte della strategia di negazione dei diritti legali e storici riguardo i territori occidentali dell’Armenia Storica (vale a dire la Cilicia, la mesopotamia armena, la provincia di Van, di Vaspurakan, etc.), così come i territori liberati della Repubblica Autonoma di Artsakh.
Tutti i tentativi messi in atto negli ultimi decenni continuano, però, a scontrarsi con la “fortezza” costruita su fondamenta solidissime, cioè la storia e la cultura armene che hanno lasciato tracce in qualsiasi luogo ed epoca storica.
I propagandisti turchi sono stati attivi specialmente negli anni ’30 con la fabbricazione di un’inesistente storia dell'”Antica Turchia”, falsificando o presentando sotto una chiave di lettura turcofona ogni tipo di reperto storico ed archeologico ritrovato nei territori “ripuliti” durante il Genocidio Armeno.
La cosiddetta “Tesi Storica Turca” fu aspramente criticata da storici sia armeni che di altre nazionalità. W. Weber ha osservato:”La verità storica doveva essere difesa come principio fondamentale della ricerca scientifica”. Manvel Zulalyan ha dimostrato la completa infondatezza della ricostruzione operata dai Turchi circa la storia medievale ed antica armena. Nella storiografia occidentale, la “Tesi Storica Turca” è stata fondamentalmente rigettata da Clive Foss. Smascherando le basi panturche dell’imbroglio di Kemal, Foss scrisse:”Potrebbe sembrare un’assurdità manifesta, soprattutto perché era ovvio che i cinesi e gli indiani non erano turchi… I successi di Atatürk… devono molto al precedente regime screditato, il Comitato di Unione e Progresso, i giovani turchi che governarono il paese dal 1908 fino alla fine della prima guerra mondiale”.
Soprattutto dopo gli anni ’80, concentrando i loro sforzi per entrare nella Comunità europea, le autorità turche hanno cercato di modificare l’impressione estremamente negativa dell’immagine dei turchi. Turgut Özal durante la sua premiership (1983-1989) è stato personalmente coinvolto nella pubblicazione di un libro di storia politicizzato e falsificato, con scarse fonti documentate e, laddove ci siano documenti a supporto, con informazioni palesemente distorte.
Le falsificazioni turche della Storia hanno guadagnato molti sostenitori tra i centri ed i ricercatori che collaborano con i turchi. Si consideri, come esempio, l’esistenza di molte opere pseudo-scientifiche, in cui vengono riportate false denominazioni toponomastiche, con il risultato che il patrimonio storico e culturale dell’Armenia Occidentale sono attribuiti ad un’inesistente “Antica Turchia”.
Le contraddizioni emerse dalle “rivisitazioni storiche”, secondo la maniacale “visione” turca, sono determinate dal fatto che gli antenati degli odierni turchi (le tribù nomadi selgiuchide e Oguz Turche delle regioni trans-Arali e trans-Altai) hanno violentemente invaso alcuni territori dell’Asia Occidentale. Non avevano, quindi, alcuna relazione con la storia antica e medievale e la toponomastica originale della parte occidentale dell’Altopiano Armeno, l’Asia Minore, la riva sinistra del fiume Kura, etc. Dall’inizio delle loro invasioni e fino ad oggi, devastazioni, saccheggi e l’annientamento di monumenti storici armeni sono stati effettuati nell’Armenia occidentale e in Cilicia, occupati da selvaggi nomadi turchi e dai loro discendenti. Tuttora l’opera di annientamento dell’eredità storica armena continua senza sosta, ad esempio con la conversione di una millenaria chiesa armena (Surp Arakelots, X secolo d.C.) in una moschea, con la distruzione delle storiche abitazioni armene a Mush nel 2013 ed altre provocazioni anti-armene, come ad esempio l’attacco a Kessab nel marzo 2014, una città popolata in maggioranza da armeni.
I falsificatori turchi distorcono e sradicano termini e toponimi geografici armeni, “plagiano” concetti che non hanno alcuna relazione con il loro passato di predatori nomadi (che è pieno del sangue di milioni di vittime innocenti), mettendo così in circolazione un “concetto” falso del “ruolo storico-civilistico” turco, all’opposto, quindi, del loro ruolo nella distruzione della civiltà mondiale.
Turgut Özal ha scritto assurdamente e con palese ignoranza:”Osservando la nostra storia come nativi dell’Anatolia, possiamo affermare di aver vissuto su questa terra dall’inizio delle civiltà anatoliche, sia per quanto riguarda la cultura che per la demografia, e che la civiltà precedente è stata riportata, almeno in una certa misura, nella successiva. Siamo stati noi, quindi, a provocare la rivoluzione neolitica … ” (sic).
L’idea di civiltà è completamente estranea alla Turchia. Ne è prova il Genocidio Armeno, e la conseguente “igienizzazione” dei territori una volta abitati dagli armeni. Alla fine del XX secolo Robert D. Kaplan testimoniò della completa distruzione della civiltà armena nell’Armenia Occidentale. Durante un viaggio a Trebisonda, scrisse che, salvo poche rovine:”ogni traccia della civiltà armena è stata cancellata…”.
Le falsificazioni turche e azere in archeologia possono essere esemplificate dalla seguente pubblicazione spuria con un titolo completamente inventato:”Azerbaijan – Terra tra est e ovest. Trasferimento di conoscenza e tecnologia durante la “Prima globalizzazione” del VII – IV millennio a.C.”. Senza menzionare il nome dell’Armenia, i suoi siti archeologici sono stati falsamente “localizzati” in “Anatolia orientale” e in “Azerbaigian” dai falsificatori turchi e azeri. In realtà, il termina “Anatolia orientale” non ha nulla a che fare con l’Altopiano Armeno, così come l'”Azerbaigian” è in realtà il nome di una regione iraniana, vale a dire Adarbaigan-Azerbaijan-Atropatene. Secondo Strabone, l’antica Atropatene era situata a sud-est del Regno di Grande Armenia, quindi a nord dell’attuale Iran, con confine il fiume Araxes.
La pseudo-teorizzazione del “problema dei conflitti” è un altro tipo di falsificazione.
Ad esempio, Behlül Özkan ha scritto:”Uno dei principali ostacoli al raggiungimento di una soluzione pacifica in conflitti profondi come la Palestina, la Bosnia e il Nagorno-Karabakh è che le parti coinvolte non vogliono scendere a compromessi. Le parti in conflitto hanno costruito una narrativa del conflitto identificando l'”altra parte” come una “minaccia” alla sua identità”.
Saltando da un “argomento” parziale a un altro, Özkan ha iniziato la sua analisi del “conflitto” dal 1923, saltando intenzionalmente la decisione forzata ed illegale dell’Ufficio Comunista Caucasico (1921). La popolazione nativa dell’Artsakh armeno non accettò mai quella decisione illegale e lottò per la riunificazione con la Patria. La guerra di liberazione di Artsakh (1991-1994) ha portato alla vittoria dei combattenti della libertà armena contro l’Azerbaigian aggressore.
Quindi non è stato il conflitto del “territorio conteso” come se fosse santificato da “etnocrazie che usano miti religiosi”, come Özkan prova a presentare, ma il processo di ristabilimento dei diritti naturali e legali degli armeni di Artsakh nella loro patria attraverso azioni legali e lotta di liberazione.
L’Azerbaijan, in quanto aggressore sconfitto, ha una sola via d’uscita nella situazione esistente: deve firmare l’atto di capitolazione e tirare fuori le sue truppe dai territori occupati dell’Artsakh nord-orientale.
Completamente in linea con la propaganda di disinformazione dell’Azerbaijan, Özkan mise sullo stesso piano i lati aggressivi (Azerbaigian) e difensivi (Artsakh) e presentò territori armeni liberati in una frase ostile:”Nel dicembre 1991 iniziò la guerra su vasta scala tra le due parti. Nel giro di tre anni, le forze armene occuparono l’intero territorio del Nagorno-Karabakh e dei distretti circostanti dell’Azerbaijan… Oggi il 14,5% del territorio dell’Azerbaijan è ancora sotto l’occupazione armena…”.
Ma non c’è stato alcun “territorio azerbaigiano” al di fuori dell’Azerbaigian iraniano (l’antica Atropatene a sud-est del lago Urmia). Novant’anni di “costruzione della nazione” artificiale (“Azerbaigian”) non danno alcun diritto legale a contestare i diritti storici e legali degli armeni dell’Artsakh – gli abitanti nativi delle regioni orientali della loro madrepatria – l’Armenia. Quindi gli armeni non hanno occupato “l’Azerbaigian”, formato artificialmente; gli armeni hanno liberato le terre orientali della loro patria.
Il governo turco promuove la guerra dell’informazione contro la memoria dei martiri armeni del genocidio e i diritti legali degli armeni sopravvissuti e delle loro generazioni che vivono nella diaspora e nella Repubblica di Armenia.
La Turchia sta intensificando l’ampia diffusione della disinformazione attraverso il blocco, la degradazione, la mistificazione o la falsificazione di informazioni. È noto che, da un lato, la Turchia spende milioni per coprire il genocidio armeno e, dall’altro, l’Azerbaigian distribuisce milioni di petrodollari per coprire le sue bugie propagandistiche.
Gli enormi sforzi e le enormi quantità di denaro che la Turchia e l’Azerbaigian spendono per la guerra dell’informazione contro la Repubblica di Armenia, la Repubblica di Artsakh e la Diaspora armena sono destinati a fallire, a causa di fatti inconfutabili della storia dell’Armenia e del potere spirituale dell’Armenia patrimonio storico, come prova della forza irresistibile della verità storica rivelata attraverso la storia dell’Armenia e la giustizia storica coronata dalla vittoria di Artsakh.
(Tratto da un articolo del 23 novembre 2014 di Eduard L. Danielyan)