Nagorno Karabagh. È pace nei monasteri
Autore: Cinzia Robbiano (Blog: occhimentecuore)
La via per il Nagorno Karabagh è lunga e faticosa. La strada è dissestata, si impiegano ore per percorrere poche decine di chilometri. Le auto procedono lente e a zig zag nei tratti peggiori, cercando di recuperare il tempo perduto quando è possibile.
Siamo entrati nella regione pochi giorni fa, precisamente giovedì 19 maggio… Del viaggio in Armenia era tra le destinazioni alle quali non avrei voluto rinunciare. E’ stato possibile grazie alla tregua nei combattimenti tra Azeri e Armeni che erano ripresi nei mesi scorsi e che hanno provocato non poche vittime.
Abbiamo superato il Selim Pass, percorrendo quella che un tempo era la Via della Seta, e dopo il controllo dei documenti alla frontiera, abbiamo proseguito lungo il corso del fiume Tartar, su una strada che scorre tra pareti di roccia altissime.
Lungo il tragitto abbiamo incontrato resti di villaggi distrutti, pochi convogli militari e superati piccoli monumenti e cimiteri dove sono sepolti eroi del conflitto del 1994.
Siamo poi arrivati al monastero di Dadivank, costruito tra il IX e il XIII sec., a 1.100 m di altitudine, fondato da San Dad, uno dei discepoli dell’apostolo Taddeo. Da ciò deriva il suo nome. Lo stato di conservazione lascia intuire che si tratti di uno dei più importanti complessi monastici della regione. Dalla strada lo si scorge tra i boschi che lo circondano, e nonostante l’imponenza e l’austerità l’insieme emana armonia.
Siamo i soli turisti. Gli altri visitatori sono soldati, in un giorno di riposo: siedono stanchi, sbadigliano, forse pregano perché insieme a loro anche la storia si addormenti e fissi quel momento di pace che il luogo contribuisce ad evocare. Sognano?

Sorgente: Nagorno Karabagh. È pace nei monasteri.